Navy NCIS: Unità anticrimine

The Body in the Bleachers

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view post Posted on 4/1/2011, 23:30
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Ciao a tutti!

per dare una continuità alla storia, per favore commentate nel thread aperto
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Nicole



The Body in the Bleachers

___________________________________________________________________

[…gridarono di evacuare lo stadio e chiamare il 911 e un coroner.]


«Lizzy, qui su!» Daniel gridò dal suo posto, in piedi presso il palo della bandiera di fronte allo stadio.
Era l'homecoming per il Pine Grove High School e tutti erano lì. I giocatori di football erano usciti sul campo per riscaldarsi, mentre le cheerleaders facevano stretching prima della partita. Dovunque si guardasse si vedeva verde e bianco, i colori della scuola di Pine Grove.
Daniel Caine ed Elizabeth Alcott erano venuti alla partita insieme, come avevano fatto per ogni match di football da quando erano in sesta classe. Si conoscevano da quando avevano dieci anni ed ora, dopo cinque anni, erano ancora i migliori amici. Questa era comunque una partita speciale, perché era il loro primo anno al Pine Grove High per le partite.
Era la notte perfetta per il football; non era troppo freddo, ma neppure troppo caldo. Il cielo era limpido e si potevano vedere le stelle se si guardava oltre le luci brillanti che illuminavano il campo. Non c’era una nuvola in cielo ed erano le sette. Il calcio d’inizio era atteso proprio per quell’ora, ma tutti sapevano che l’orario non era mai giusto.
«Hey, Danny!» chiamò Lizzy, correndo in alto per abbracciare il suo migliore amico prima di baciarlo leggermente sulla guancia.
«Puoi credere che questo è la nostra quinta partita per l'homecoming?» chiese Daniel, ricambiando il bacio sulla guancia.
«Lo so! Non posso credere che abbiamo finalmente finito il quinto anno, pensavo che non ce l’avremmo mai fatta!» esclamò la ragazza eccitata.
«Vi chiedo di rivolgere la vostra attenzione al centro del campo. Christine Ryan il capitano delle nostre cheerleader e attrice protagonista nel nostro musical guiderà ora il nostro inno nazionale,» strillò il radiocronista.
Daniel e Lizzy guardarono in alto e posarono la mano destra sui loro cuori cantando con Christine. Le ultime note morirono nell’aria e la folla esplose nella gioia. Un mare di verde e bianco era in piedi sulle gradinate applaudendo e gridando. Mentre Nicholas DiPietro, una delle stelle dei giocatori di football, dava il calcio d’inizio i due amici iniziarono a parlare tra loro.
«Adoro come veniamo a queste partite ogni venerdì e non le guardiamo mai,» rise il ragazzo.
«Adesso dov’è il divertimento in questo?» chiese Lizzy, mettendogli un braccio intorno al petto e guardando in su. Nell’ultimo anno Daniel era ormai arrivato a 1 metro e 76, cosicché era più alto di lei di 15 o 16 centimetri abbondanti.
«Buon punto» rispose, appoggiando il braccio sulle spalle di lei. La gente spesso pensava che si stessero frequentando, ed ora che ci pensava, poteva vederlo… “Siamo sempre fisicamente legati e spesso l’uno finisce la frase dell’altro; ci accompagniamo nelle classi, se sono vicine, e ci salutiamo sempre con abbracci e baci sulle guance”.
«Viene qualcun altro stasera?» riprese Lizzy.
«Non penso, credo che siamo solo io e te stasera,» disse Daniel, colpendola nel fianco.
«Fermo» si lamentò lei, saltando e ridendo.
«Come posso quando tu fai dei suoni così divertenti. Tu sei come un giocattolo, premi una zona differente e fa un suono diverso,» rise Daniel, bloccandole il collo e facendola contorcersi e strillare, mentre la solleticava di nuovo.
Lizzy fuggì da lui e iniziò a correre verso le gradinate opposte. Guardò dietro di sé e vide che la stava raggiungendo. Guardò alla piccola apertura nella gradinata e decise che poteva infilarsi. All’ultimo momento corse dentro e scivolò su qualcosa, cadendo e graffiandosi un gomito. Si lasciò sfuggire un gemito di dolore.
«Stai bene Lizzy?» si preoccupò Daniel, spingendosi attraverso l’apertura.
«Sì, bene. Sono solo scivolata su qualcosa e sono caduta. Penso di essermi graffiato il gomito. Hai il telefono con te?».
«Sì,» disse il giovane tirandolo fuori e facendolo brillare verso di lei prima di lanciare un grido.
Anche Lizzy gridò, vedendo ciò che la circondava: stava sedendo in mezzo a una pozza di sangue ormai seccato. Al suo fianco e tutto intorno c’erano brandelli di carne. Riprese a urlare, vedendo davanti a lei, fin dove giungeva una luce fioca, ossa e ancora carne.
«Oh Dio, portami fuori di qui!» gridò.

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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:15
 
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view post Posted on 5/1/2011, 19:16
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Si guardarono prima di urlare insieme, poi si spinsero di nuovo fuori dall’apertura correndo più velocemente possibile alla postazione della security. Solo allora si fermarono senza fiato tentando di spiegare ciò che era accaduto.
«Dovete venire subito, perché c'è un morto... molti morti... Non so... Insomma... Mi stava facendo il solletico e non voleva smettere, così ho preso a correre,» iniziò Lizzy, senza alcun preambolo.
«E poi l’ho vista correre tra le gradinate. L’ho seguita e ho sentito il suo grido».
«Sono caduta e mi sono graffiata il gomito e ho chiesto a Daniel di tirare fuori il suo telefono così potevamo vedere cosa c’era lì intorno».
«C’era sangue e carne e ossa dappertutto. Erano tutto intorno a Lizzy e vicino alle gradinate. Abbiamo urlato e siamo corsi qui,» finì Daniel, afferrando la mano dell'amica.
Entrambi stavano tremando e cercando di confortarsi a vicenda. Lizzy stava sanguinando dal gomito e aveva sangue e pezzi di materiale ignoto sui jeans così Daniel cercava di evitare di mettere il braccio intorno a lei.
«Questa è una tua idea per uno scherzo?» chiese Tom, una delle guardie di sicurezza.
«No, vada a vedere. Giuro su Dio. Lizzy non smetteva di tremare per questo e ha sangue sui jeans e sulla camicetta. È sotto le gradinate inferiori dei visitatori. Per favore, deve crederci!» supplicò Daniel.
«John, prendi un paio di persone e va a vedere. Cerca di tenere tutto tranquillo; non abbiamo bisogno che tutti si raccolgano intorno a noi» disse Tom.
«Okay» rispose l'altra guardia, afferrando una torcia elettrica e prendendo con sé due uomini. Arrivarono al luogo indicato dai due ragazzi come scena di un crimine e illuminarono l’interno con le pile.
Meno di due minuti più tardi corsero indietro e gridarono di evacuare lo stadio e chiamare il 911 e un coroner.

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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:17
 
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view post Posted on 8/1/2011, 16:38
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* NCIS Theme *NCIS Theme * NCIS * The Body in the Bleachers * * * * * * * * * * *

Il cielo era di un pallido grigio fuori del Quartier Generale dell’NCIS di Washington D.C. Cupe nuvole coprivano il sole, quelle più basse minacciavano pioggia. Ogni speranza di una giornata brillante di sole fu stroncata quando la prima goccia di pioggia fredda toccò il lastricato in quel primo mattino, 6:30 a.m. per essere esatti. Dentro l’edificio imponente, nel bullpen, l’atmosfera era molto più brillante che fuori. Gli agenti si sedevano alle loro scrivanie, bevendo le loro bevande mattutine e chiacchierando in piccoli gruppi.
"Buongiorno McGoo, Ziver." Posando il suo zainetto Tony DiNozzo salutò i due colleghi. Indossava un completo firmato, come al solito; i capelli neri erano in perfetto ordine e gli occhi brillavano giocosamente. Non avrebbe mai dato un secondo sguardo a McGee se la sua cravatta non avesse spiccato sul completo scuro e sulla camicia bianca. Era uno scherzoso disegno di alieni gialli che danzavano. DiNozzo si avvicinò, si sistemò il nodo della cravatta e aprì la bocca per parlare.
"Non osare fare un altro commento maligno sulla mia cravatta, Tony." Lo avvertì Tim, mentre raccoglieva il disordine di carte sulla sua scrivania per fare spazio per ciambelle e caffè. Avevano avuto un caso particolarmente duro e neanche McGee era riuscito a sistemare il suo tavolo prima che Gibbs li mandasse a casa il venerdì prima.
"Beh, se tu non portassi cravatte che sembrano come se Martha Stewart ci avesse vomitato sopra non dovresti ascoltare i miei commenti maligni ora, vero? " Tony prese un pezzo della ciambella di Tim e se la mise in bocca. "E tu, come stai Ziva?".
"Abbastanza bene. E tu, Tony?" rispose e seguendo l’esempio di DiNozzo prese un pezzo della ciambella di Tim.
"Voi due dovete sempre mangiare la mia colazione?" McGee sospirò prendendo un sorso di caffè.
"Beh, se tu iniziassi a portarne abbastanza per tutti noi non dovremmo rubartela, vero?" Disse Tony imbronciato, mentre Tim velocemente si infilava in bocca il resto della ciambella. "Piano, McIngordo. Se inizi a soffocare con quella cosa mi rifiuto di farti una rianimazione”.
“Ah ah, molto divertente " bofonchiò l’altro, con la voce soffocata dal boccone ancora in gola.
Gibbs piombò alle spalle di DiNozzo e gli rifilò uno scappellotto. Teneva una grande pila di carte tra le braccia, ma le mise sulla scrivania di Tony in una scatola etichettata “in arrivo”. Il giovane mormorò qualcosa che suonava come “Una giornata meravigliosa… " e sospirò contemplando la mole di documenti pericolosamente in bilico di fronte a lui. Il capo inarcò un sopracciglio e lo bloccò con uno sguardo; poi girò sui tacchi e salì di corsa per le scale che portavano su all’MTAC e all’ufficio del Direttore. I tre agenti si guardarono in faccia: normalmente quando il Direttore chiamava Gibbs in ufficio, significava che c’era un nuovo grosso caso da trattare.
“Uhmmm, il capo va di corsa: molto strano. O vuole togliersi subito il pensiero o è una cosa dannatamente seria” rifletté Tony.
“Qualcosa cuoce in pentola”.
“Sì, Ziva, ma si dice “bolle” non “cuoce” in pentola”.
“Ma sì, Tony! Cuoce, bolle… Siamo lì come idea, no?”
“No, ma lasciamo stare. Meglio che mi metta al lavoro, quel lavoro che spetterebbe al Pivello” disse decisamente di cattivo umore.
Tim aveva buttato il bicchiere del caffè nel cestino e stava aprendo dei documenti. “Ho già del lavoro da fare, Tony. Evidentemente Gibbs lo sa”
“Vorresti dire che mi sto rigirando i pollici, McSaputello?”
Tim diede l’avvio al computer senza guardarlo in faccia. “No, li avresti usati per giocare con il cellulare, se Gibbs non ti avesse dato un po’ di lavoro serio di cui occuparti”.
“Pivello, se…”
“Dacci un taglio, DiNozzo!”, disse Gibbs infastidito, mentre attraversava il bullpen a grandi passi con un caffè in mano e raggiungeva la sua scrivania. Lanciò un’occhiata al suo agente senior e facilmente individuò il momento in cui stava per aprire bocca. “Abbiamo alcuni corpi”.
Quasi per riflesso condizionato, ogni agente si alzò in piedi e aprì il cassetto per afferrare il badge e la pistola. Gibbs approvò con un fugace sorriso soddisfatto la ben oliata macchina in cui aveva trasformato il suo team in quegli anni, ma questa volta aveva bisogno di qualcosa di diverso.
“Prendete l’attrezzatura”, disse come al solito.” E andate a casa a fare i bagagli”.
“Bagagli?” gli fece eco McGee.
“Dove andiamo, capo?” chiese Tony con trepidazione.
“Pine Grove, Pennsylvania”.
Il volto di Tony si illuminò mentre raggiungevano l’ascensore. “Pennsylvania? Allora possiamo… ”
“No”
“No? Ma capo… È a due passi da casa tua…” Gibbs aveva raggiunto il limite della sua pazienza nella breve attesa dell’ascensore e pose termine alla lamentela con lo scappellotto di pragmatica.
“No. Abbiamo del lavoro da fare”.

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Ragazzi, mi sono accorta che il rimando ai commenti (e viceversa) non funziona.
Ve lo riposto. Speriamo in bene.

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Bye Nicky

 
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view post Posted on 13/1/2011, 18:17
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[“…Tu stai interferendo con la mia scena del crimine."]

Il viaggio verso Pine Grove era stato tranquillo. Niente di sorprendente, erano ancora tutti molto stanchi dopo un caso molto difficile, nonostante il fine settimana libero. Era un tragitto poco confortevole, per la distanza e le strade, e Gibbs fu immensamente felice quando la trasferta finì e giunsero sulla scena del crimine.
Saltò fuori del furgone, proprio mentre una berlina nera si avvicinava. Per motivi pratici aveva diviso il team, in previsione di eventuali spostamenti in loco. Inoltre non era dell’umore giusto per tollerare la logorrea di DiNozzo.
«Vuoi fermare l’auto! È semplice!» esclamò Tony DiNozzo.
«Sì, fammi parcheggiare,» replicò Ziva.
«Gesù, la prossima volta, guido io,» si lamentò l’Agente Senior scendendo dall’auto e afferrando il suo zainetto dal sedile posteriore.
«No davvero, sono io quella che guida, Tony,» si indignò la ragazza.
«Allora impara a non prendere le curve come nei rally e a parcheggiare,» ribatté seccamente l’altro prima di raggiungere la scena del crimine. «Vediamo cosa abbiamo, ti va?» chiese ironicamente.
Nel gruppo di Agenti al lavoro uno alzò lo sguardo osservando i movimenti della squadra.
«Dannazione la Marina è già qui. Hanno fatto presto,» Dylan Preston imprecò e la Dr Riley Thompson lo guardò sorpresa.
«La Marina? Perché dovrebbero essere qui? Ci siamo appena liberati di un plotone di LEO locali che volevano dirigere l’indagine e hanno combinato solo guai…»
«Lo sapremo presto, Thompson,» egli le lanciò uno dei suoi sguardi, «Comunque penso di avere un’idea. »
Riley guardava con interesse gli uomini che stavano prendendo la loro attrezzatura. L’uomo dai capelli d’argento incontrò lo sguardo di Preston e lo sostenne come lo stesse valutando, poi si diresse a grandi passi verso di lui.
«Uhmmm, così questi sono della polizia della Marina?»
«Già. Eccoli qui. Che io sia dannato se permetterò che l'NCIS prenda la direzione del mio caso, come se nulla fosse!»
Gibbs non si prese la briga di guardare indietro per vedere se il suo team lo stava seguendo. Se avevano un po’ di buonsenso, erano già dietro di lui. C’erano agenti su tutta la scena, intenti a scattare foto e raccogliere tutto ciò che poteva essere considerato prova. Jethro scosse la testa. Non gli piaceva avere così tante persone sulle sue scene. La sua squadra poteva fare tutto ciò che facevano questi uomini. E lo faceva meglio.
Passò sotto il nastro giallo di segnalazione e osservò la scena. Le informazioni erano corrette: era sanguinosa, davvero sanguinosa. Era quasi esitante a permettere che McGee restasse lì: il povero ragazzo avrebbe probabilmente vomitato sul posto.
Sentì il nastro scivolare dietro di lui. Sicuramente i ragazzi erano pronti a mettersi al lavoro. Jethro sistemò il suo cappello dell’NCIS e cercò il detective responsabile. Si diresse perciò verso un Agente senza uniforme.
Era un giovane di bell’aspetto, dalla pelle abbronzata e i capelli castani. Era vestito casual. Senza dubbio si era alzato dal letto ed era andato subito al lavoro.
Il detective era accovacciato accanto a un corpo. Jethro avanzò verso di lui. «Chi è il responsabile qui?» Il moretto guardò su. Si alzò e fulminò l’uomo dai capelli d’argento. Era alto, leggermente più alto di Gibbs.
«Chi lo chiede?» chiese con sfrontatezza.
Gibbs gli diede uno sguardo di sfuggita prima di presentarsi; tirò fuori il suo I.D. »Agente Speciale Gibbs, NCIS. Questa è la mia squadra: Agenti DiNozzo, McGee e David.» Girò il suo I.D. per mostrargli il badge. Il detective lo guardò con curiosità.
«È lontano da Washington, non pensa, Agente Speciale Gibbs?» Il modo in cui pronunciò il nome era pieno di sdegno. Ovviamente non gli piaceva che la Marina stesse cercando di entrare sulla sua scena del crimine. A Gibbs non importava. Mise via il suo I.D. prima di rispondere, lo sguardo inespressivo fisso sul giovane detective. «C’è il corpo di un Marines. Questo lo rende mia giurisdizione.»
Il detective semplicemente schernì. «Un corpo che potrebbe essere un Marines. Ora andatavene.» Si giro per esaminare il resto della scena.
«È fuori discussione, detective.» Jethro si mosse ulteriormente nello spazio personale dell’uomo. «La presenza di un Marines lo rende il mio caso.»
«Sì, e la città e la scena del crimine la rendono il mio caso. Mi dispiace che tu, Marines, abbia guidato fin qui, ma io non ho bisogno di te.» Jethro sorrise. Poteva vedere che il detective si stava arrabbiando. Questo sarebbe stato molto divertente.
Senza staccare lo sguardo dal detective dell’FBI, Gibbs esclamò: «DiNozzo!»
«Sì, capo.»
«Parla con i testimoni. McGee, Ziva!»
«Sì!»
«Schizzi e foto. Ritornate su tutto ciò che l’FBI ha già fatto.»
«Capito, capo!»
Il detective si fece avanti, rosso di rabbia. «No, aspetta un minuto! Cosa diavolo pensi di fare? Ti ho detto che questo è un caso di omicidio dell’FBI!»
«Beh, ho controllato, detective: io non lavoro per te». Gibbs si girò per vedere il suo team già al lavoro; e si muoveva più velocemente dell’intera squadra dell’FBI. Jethro sorrise orgogliosamente. «Adesso questa è efficienza.»
«Non sei invitato al party, Marines». Un uomo con una voce roca gli si parò davanti con un sorriso. Indossava un giubbotto e un cappello dell’FBI. «Sono l’Agente Dylan Preston, questa è la Dr Riley Thompson, antropologa criminale, e questo», continuò marcando e scandendo le parole con fredda irritazione, mentre lanciava uno sguardo di rimprovero all'interessato, «è il mio partner, Richard Karrer. Sono il capo detective su questo caso, e tu stai interferendo con la mia scena del crimine».


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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:31
 
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[I rapporti collimavano con i loro rilievi.]


Gibbs non si scompose. Aveva perso abbastanza tempo nel giochino “a me il comando», perciò scoprì le sue carte. «Sergente, il Marines è mio, i civili tuoi. Indagine condivisa».
Preston represse la sorpresa e, con un sorriso mortale, spiegò lentamente, come se stesse parlando a un bambino. «Ecco, vedi, Sergente Fuciliere», disse marcando le parole ironiche, «le cose stanno così: al momento non c’è prova che ci sia di mezzo un Marines, è solo una ipotesi. Perciò non vedo perché dovresti mettere in moto tutto l’NCIS per un indizio. Ti chiameremo se avremo qualcosa, ok?»
«Io non rinuncio, dovresti saperlo Preston». Gibbs mantenne la voce piana e tranquilla, ma lo sguardo era fulminante.
«Beh, io non ti lascio la mia scena del crimine, perciò diciamo che siamo a un punto morto».
Gibbs non poté evitare che gli spuntasse un debole sorriso sulle labbra. Erano chiaramente bloccati tra l’incudine e il martello, ma non era arrabbiato per questo. Fin da quando ne aveva incontrato lo sguardo, il suo istinto aveva valutato positivamente Preston. Inoltre l’atteggiamento gli ricordava qualcuno.
«Oppure, più ragionevolmente,» continuò l’agente dell’FBI, conoscendo perfettamente le mosse del gioco, ma volendo concludere, «suppongo che siamo entrambi al comando per opportunità di servizio». E il suo sorriso divenne naturale e sereno. «Quali sono le condizioni per unire le indagini?»
«Il mio ME fa le autopsie.»
«Tu puoi avere il Marine, il nostro ME prenderà i civili.»
«Voglio avere i rapporti dei Leo locali.»
«D’accordo» Preston non distolse il suo sguardo da Gibbs. «Cos’altro?»
«Tutte le perizie vanno all’NCIS.»
«Voglio un tecnico dell’FBI lì per assistere»
«Ad Abby non piacerà.»
«Questo è il mio caso quanto il tuo, Agente Gibbs. E io non sono a mio agio con un completo sconosciuto sulle mie prove. Ti ripagherò dandoti un accesso controllato al nostro laboratorio»
«Controllato?» Gibbs inarcò un sopracciglio.
Preston sorrise. «Neanche Avery ama gli estranei».
Gibbs annuì. «Bene.» Fece una pausa prima di porre la sua ultima condizione. «A me il comando.»
«Non è il caso».
«Io ho più esperienza di te.»
«Io conosco la città meglio.»
«A me il comando, all’FBI il merito».
«Va bene», concluse Preston. «Come sta Fornell?»
«Bene. Dice che il caffè fa schifo e che vuole uscire dalla copertura per tagliarsi la barba».
Preston annuì, sapendo che la conversazione su quest'argomento non si sarebbe spinta oltre - e non doveva. «Caffè, Agente Gibbs?»


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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:35
 
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Trenta minuti più tardi Gibbs stava ricapitolando mentalmente lo stato della situazione, mentre sorseggiava il suo caffè. La polizia locale aveva pasticciato abbastanza, ma non era nulla di irreparabile; solo una perdita di tempo e una grande seccatura. L’FBI – vale a dire Preston e la Thompson, perché Gibbs dubitava di un contributo significativo di Karrer - aveva già provveduto a riguadagnare il tempo perduto e a tamponare gli errori, ma questo non lo confortava. Per prima cosa, voleva capire con chi stava lavorando. Le notizie avute da Fornell e da Vance non gli bastavano. Forse erano esaurienti per Preston – e il suo istinto gli forniva altri elementi per inquadrarlo – ma per Karrer e per la Thompson aveva bisogno di ben altro.
Lavorare con Preston poteva rivelarsi un’esperienza interessante, ma il suo partner non lo convinceva. L’antropologa gli piaceva, ma voleva saperne di più.
McGee lo riscosse dai suoi pensieri. “Ho le informazioni che mi ha chiesto, Capo”.
“Bene”. Si staccò dalla finestra e si avvicinò per guardare lo schermo del computer dove Tim aveva aperto parecchie finestre. Leggermente chino sulla spalla del suo Agente, cercò di leggere senza occhiali.
Ora aveva i suoi uomini. Anzi, la sua donna e il suo uomo.

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«Vuoi gli occhiali, capo?», chiese Tony entrando. Gibbs si girò fulminandolo. «Sai, capo, è scritto…»
«Dov’eri finito DiNozzo?!»
«… in piccolo. Gli occhi…». La voce gli si spense. Si schiarì la voce. «Sì…. Non c’è molto, capo».
«I due testimoni sono Daniel Caine ed Elizabeth Alcott, al quinto anno. Sono giunti alla partita separatamente, prima Daniel, intorno alle 18,30 per prendere i posti; quindi la ragazza l’ha raggiunto. Non hanno notato alcun movimento sospetto e nulla di strano. Si sono messi a rincorrersi per scherzo – sai come sono fatti i ragazzi.... e lei si è infilata sotto le gradinate dove hanno trovato i resti. Poi hanno raggiunto di corsa la stazione della security. Che orrore! Penso proprio che nemmeno nel film...».
«DiNozzo!»
Tony fece una smorfia, aspettando lo scappellotto. Ma Gibbs si limitò a fulminarlo con lo sguardo. «Nessun legame degno di nota con il Corpo dei Marines, capo, né tra gli insegnanti né tra gli alunni della Pine Grove School».
«McGee!»
«Secondo il rapporto preliminare della Thompson… La vittima è un maschio, bianco, età tra i 16 e i 18, apparentemente ucciso da un violento trauma al cranio. C’è qualche lacerazione sulla faccia, ma le gradinate sono state aperte e chiuse diverse volte, perciò dobbiamo attendere i risultati dell’FBI per capirne l’origine. La Thompson ha inviato lì il corpo, la carne e le ossa, oltre a campioni di terreno e legno delle gradinate».
«Altro?»
«Niente impronte per identificarlo.» Aggiunse Ziva. «Le mani erano tagliate all’altezza del polso. È da verificare se presenti sulla scena».
Gibbs annuì. I rapporti collimavano con i loro rilievi.

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Pubblicità....

È tanto noioso? :unsure: Sono fuori carattere, fuori serie, fuori....

Io mi sto divertendo a scriverlo, ma per me è un esperimento.

Se avete suggerimenti o critiche...

Bye Nicole

Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:38
 
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[Diede un bacio ad Abby sulla guancia ed uscì.]

Il computer emise un jingle. “Capo, è Abby”. E McGee aprì il collegamento della webcam con l’NCIS.
“Grande, disgustoso scheletro del grande, disgustoso lago, vieni!” disse Abby con voce cavernosa e agitando lentamente le braccia davanti alla piccola telecamera.
“Ciao Abby. Tutto ok?”
“Oh McGee! Finalmente vi vedo. Iniziavo a sentirmi sola qui senza di voi e - indovina Gibbs? – senza caf-pow!” rispose la Goth imbronciata.
La fisionomia dell’ex-marine si rischiarò di un leggerissimo sorriso. “Anche per noi è bello vederti. Hai qualcosa, Abs?”
“Sì. I miei bambini hanno lavorato a lungo e il mio spectometro ha fatto gli straordinari, ma…”
“Cos’hai?” chiese ancora pazientemente Gibbs.
Un altro jingle venne dal portatile. McGee premette un altro tasto e apparve Ducky. “Oh, Jethro. Abigail ha organizzato un vero briefing, come vedi”.
Gibbs inarcò un sopracciglio. “Vedo. Ora possiamo metterci al lavoro?”
“Oh, sì Jethro, naturalmente”, lo placò il medico. “Il nostro amico anonimo aveva ragione. Le due borse di ossa recuperate al laghetto del parco contengono uno scheletro completo. Quasi niente carne, appena sufficiente per analisi tossicologiche. Le ossa normalmente bianche sono colorate di un grigio chiaro per l’acqua del lago, da dove ho ipotizzato venga il corpo”.
”Ipotizzato?”
“E confermato, Gibbs”, si intromise Abby. “Dai campioni ottenuti dal lago e dalla scena, è chiaro che la vittima è stata gettata nel lago e quindi il suo scheletro recuperato”.
“Per dei resti scheletrici di una giovane vittima a cui è stato sparato, gettata in un lago e poi recuperata, il corpo è incredibilmente ben conservato. Questo mi ricorda il caso O’Malley a South Hampton. Credo che sia stato almeno…”
“Vieni al punto, Ducky!”
“Sì. L’arcata dentale corrisponde davvero a quella di Emilee Beggs, diciannove anni non ancora compiuti...”
“… Scomparsa da oltre sei mesi, dopo aver passato il week-end con il suo fidanzato, il capitano Edward Lawson”, concluse Gibbs.

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Ziva e Tony si scambiarono uno sguardo: almeno una cosa certa in quell’indagine che sembrava solo aggrovigliarsi sempre di più ad ogni passo, una domanda senza risposta che si aggiungeva all’altra. Non era un’inchiesta lineare – non doveva essere semplice necessariamente, ma se almeno ogni loro mossa non avesse aperto diramazioni nel caso principale, il loro lavoro sarebbe stato meno difficile.
Gibbs sorseggiò il suo caffè. “Causa della morte?”
“Nella zona occipitale c’è un foro di proiettile. Abbastanza piccolo, non più grande di una calibro .22. Potrebbe essere la causa della morte, ma aspetto i risultati degli esami della nostra cara Abigail per pronunciarmi definitivamente”.
“E quanto ci vorrà?” A Jethro sembrava di perdere tempo, bloccato così, tra l’FBI che si divertiva a centellinargli le informazioni e i pezzi di un puzzle che non si incastravano.
“Gibbs! Hai idea di quanto lavoro ho da fare?” chiese Abby, incredula come ogni volta che Gibbs scalpitava per avere prove e riscontri. “Ho ricevuto i campioni e le prove alle nove – alle. Nove. Dovevo lasciare lavorare Ducky, altrimenti non avrei avuto alcuna base per gli esami tossicologici e per la balistica. Oltre ad analizzare…”
Chiedendosi quando la ragazza avrebbe imparato a prender fiato tra una frase e l’altra, Gibbs interruppe lo sfogo: “Ok Ok Abby! Calmati! Pensi di avere altro a breve?”
“Ci sto lavorando, Bossman!”
“E la chiavetta USB?” arrischiò Tim, pensando di avere una traccia nel guazzabuglio di quel caso.
La voce esasperata della scienziata gli fece rimpiangere di averlo chiesto. “Ho detto che ci sto lavorando, McGee!”
Abigail Sciuto era in chiara crisi da astinenza da caf-pow.

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Il giorno seguente Riley fu chiamata al lavoro alle 6,30 del mattino dal suo interno, il Dr. Ted Wilkes.
"Dr. Thompson, il corpo che avete mandato qui l’ultima notte ha alcuni interessanti segni sulle ossa, può venire a darci un’occhiata?" chiese il medico.
"Sì Ted, sarò lì presto," disse Riley, prima di agganciare il telefono e girarsi nelle braccia del suo fidanzato.
"Hey," sospirò Dylan.
"Hey," replicò Riley, sorridendogli.
"Di cosa ha bisogno Ted?"
"Ha trovato dei segni piuttosto interessanti sulle ossa e vuole che vada lì". La donna si sciolse dall’abbraccio.
"Devi andare proprio ora?” si lamentò Dylan, tirandola ancora verso di sé.
"Sì, gli ho detto che sarei stata lì al più presto". Gettò via le coperte e balzò in piedi.
“Dai, almeno doccia e colazione senza trangugiare, Riley!”
“Gibbs sarà già al lavoro! Dai, pigrone!” lo punzecchiò dal bagno.

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Erano le nove del mattino quando la coppia raggiunse il Central Crime Lab dell'FBI a Washington D.C..
“Dr. Thompson, ecco l’osso di cui parlavo”, disse Ted portando Riley nel laboratorio.
“Grazie”, rispose la donna, mentre indossava il camice da laboratorio blu scuro e tirava su i capelli in una coda di cavallo alta. Indossò un paio di guanti di lattice prima di prendere le ossa dal vassoio di metallo che Ted reggeva. Esaminandole velocemente vide che avevano un motivo a linee incrociate che spiccava leggermente frastagliato nella compattezza del tessuto osseo.
“Ho trovato questo segno sul femore, omero e tibia, tutti sul lato destro del corpo. I metacarpi e i metatarsi sono in frantumi. Anche L* 5, 6 e 7 e C* 3 e 4 sono spezzate. Sembra siano state schiacciate da un oggetto pesante”, disse Ted, gesticolando con le mai verso lo scheletro in pezzi che giaceva di fronte a loro.
“Grazie Ted. Gli darò un’occhiata nel mio ufficio. Puoi portare le ossa, mentre sistemo il microscopio?” chiese Riley, togliendosi i guanti e strisciando la sua tessera sulla fessura così che l’allarme non suonasse.
“Certo, Dr. Thompson", rispose Ted rimettendo con cautela le ossa sul vassoio di metallo, prima di seguirla.
Entrarono nel laboratorio e velocemente configurarono il microscopio, sgombrarono il tavolo dell’autopsia e vi misero sopra le ossa. Riley prese la parte superiore del microscopio e lo abbassò posizionandolo direttamente sopra i segni sulle ossa del femore e della tibia.
“Sembra quasi che i segni sia stati provocati in tempi diversi e non tutti in una volta. Quasi come se…” cominciò Riley.
“Le tribune. Possono essere aperte e chiuse, ed è lì che era il corpo” osservò Dylan.
“Vediamo quanto a lungo il corpo è stato lì. Vedrò se John ha qualche informazione sul tempo del decesso” disse la dottoressa, mentre si toglieva i guanti e lasciava il laboratorio.

*(L= Vertebre lombari C= vertebre cervicali)

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Edited by Nicole Felton - 7/2/2011, 22:31
 
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Dr. Thompson» il Dr. John Turner, l’entomologo, la chiamò.
«John, stavo proprio venendo da te. Ho bisogno di sapere quando la vittima è morta» disse Riley fermandosi di fronte a lui.
«Ho stabilito tra 2-5 giorni. Ho trovato coppie di insetti. Principalmente anobiidae, musca domestica, e delia platura. Anche se la maggior parte delle musca domesticas erano morte,» replicò lo specialista.
«Inglese, per favore John», ribatté la donna, interrompendolo. Quando usava tanti paroloni, le piaceva stuzzicarlo, fingendosi ignorante.
«Ho trovato coleotteri, mosche domestiche morte e vermi» disse l'altro, prima di andarsene borbottando qualcosa sulla mancanza di rispetto per gli insetti.
«John, aspetta» esclamò Riley, rincorrendolo.
«Cosa?» chiese Turner, mettendo le mani sui fianchi.
«Potresti puntualizzare?», insistette la dottoressa.
«Le mosche domestiche di solito abitano i corpi nelle prime ore. Dopo due-tre giorni arrivano i vermi, e 3-5 giorni più tardi seguono i coleotteri. La mia ipotesi è di circa 3 giorni, i coleotteri sembrano recenti e non ce ne sono molti. È tutto?»
«Sì, grazie» si congedò Riley, nascondendo un sorriso, prima di cercare Dylan.


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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:43
 
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Ben quattro Agenti Speciali si voltarono, quando sentirono un'esclamazione irritata venire dal fondo del bullpen, non appena le porte dell’ascensore si aprirono.
«Tu stai scherzando!» E poi sfilarono fuori Gibbs, estremamente irritato, seguito da Tony e da McGee, che sembravano dispiaciuti quanto il Capo del Team.
«No, per quanto mi piacerebbe dire che ti sto tirando qualche scherzo molto elaborato e che anche Ziva è della partita, ma non posso» sospirò Tony infelicemente.
«Beh, quando inizia?» Tim interrogò alla fine. Lo sguardo di profonda riflessione e di concentrazione sul suo volto ero lo stesso che aveva la maggior del tempo al lavoro. Si tolse il suo cappotto trench nero e lo drappeggiò sulla sedia passandoci accanto.
«Si fisseranno degli appuntamenti individuali appena arriverà».
«Che succede?» chiese Ziva unendosi alla conversazione.
«Il Direttore ci fa incontrare uno psichiatra» la informò McGee.
«Stai scherzando, giusto?» interruppe la donna.
«Hey, guarda, non è colpa mia se qualcuno pensa che possiamo diventare un branco di matti! Il Direttore è apparentemente preoccupato che lo stress che abbiamo sul lavoro possa influenzare la nostra vita personale e i nostri progressi nei casi qui in ufficio».
Questa volta lo scappellotto di Gibbs arrivò a raffreddare lo sfogo dell’Agente Junior e non le solite spiritosaggini di DiNozzo. Il Capo prese mentalmente nota della cosa per approfondire più tardi.
«Queste sono un mucchio di balle» sospirò Tony. «Non vedo il senso di tutte queste pare psichiatriche. Come può dimostrare la mia stabilità mentale il parlare a uno sconosciuto delle mie fantasie e dei miei pensieri?»
«Penso che quella ridicola felpa che indossavi a Pine Grove sia già tutte le prove pronte della tua stabilità mentale» disse Ziva battendogli una mano sulla spalla, prima di dirigersi alla sua scrivania.
«Ouch, sono così ferito dai tuoi acuti commenti». Tony si mise una mano sul cuore e imitò il gesto di estrarre un coltello.
”Beh, come dare torto a Ziva… Full Blooded Italian?!» Canzonò Tim. «Con tutte le possibilità per giocare con l'acronimo del Bureau, che poca fantasia!» Un altro scappellotto. «Scusa, Capo!»
Gibbs aveva finito il caffè, il che significava una sola cosa: i «bambini” avevano avuto sufficiente divertimento. «Al lavoro!»


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Edited by Nicole Felton - 1/1/2013, 03:46
 
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“Hey Riles, cosa hai scoperto?" chiese Dylan, andando verso la dottoressa.
"Stiamo cercando un maschio di 16-18 anni, caucasico, morto da tre giorni," rispose la donna, tornando nel suo ufficio.
"Avery ha già un identikit?"
"Ci sta lavorando in questo momento, andrò a controllare," si offrì Riley, e dopo averlo visto annuire raggiunse il Crime Lab .
"Hey, ragazza," la salutò Avery, senza alzare lo sguardo dalla sua macchina che aveva soprannominato “Averynator”.
"Hey, hai già qualche schizzo?"
"Ci sto lavorando, questo è quello che ho" replicò premendo alcuni pulsanti e facendo così apparire tre immagini che sembravano ologrammi di Star Trek.
"Aspetta…quello è…?" iniziò Dylan, entrando nella stanza con Ted.
"Woah! Quello è Thomas Murray," esclamò il medico. "Cosa ci fa in questo caso?"
"È davvero l’identikit?".
"Sì, Dylan. Sono confusa, chi è Thomas Murray?"
"È il numero 36 nella squadra di football. Uno Star quarterback con la strada spianata per qualsiasi college voglia," osservò Richard che era sopraggiunto, avvicinandosi ad Avery.
"Oh Dio, è lui la nostra vittima?" domandò Preston, incrociando le braccia, chiaramente a disagio.
"Sì, così sembra; avrò bisogno delle cartelle dentistiche. Possiamo contattare i genitori?" si informò Riley.
"Sì, lo farò io" disse Dylan, avviandosi per trovare un computer aperto.
"Ted, puoi darmi una cartella dentistica?”.
"Sì, nessun problema Dr. Thompson”. E il giovane medico andò a prendere un calco dei denti.
Karrer si riscosse dalle proprie riflessioni e si girò verso l’antropologa. “Una volta che abbiamo trovato il suo profilo e ottenuto i riscontri dentari da te, andrò con Dylan a parlare alla famiglia. A dopo."
"Dylan, aspetta!" Richard lo chiamò, correndo per raggiungerlo.
"Vuoi chiamarli ora o dopo che Thompson ci ha dato i riscontri dentari?"
"Più tardi. Ted non ci metterà molto". Karrer si sedette dietro alla sua scrivania.
Dylan tirò la sua sedia vicino al collega e digitò il suo username e la sua password sul terminale. Quando apparve la schermata di accesso al motore di ricerca, immise il nome, "Thomas Murray" e attese mentre il profilo si caricava. I due Agenti Federali lessero le informazioni in silenzio: Thomas aveva 17 anni, era una stella del football, studente nell’elenco dell'onore, aveva ottenuto molte borse di studio. Scorsero le foto e videro un adolescente con i capelli biondi arruffati e occhi azzurri che li osservava dallo schermo. Indossava l’uniforme verde e bianca del Pine Grove football e stava sorridendo, gli occhi brillanti di gioia di vivere mentre parlava al suo coach.
"Non posso crederlo…" mormorò Preston.
Riley era entrata silenziosamente e gli mise una mano sulla spalla. "Non ho mai saputo chi era …"
"Era sempre in TV e aveva borse di studio in ogni college in cui volesse andare, era un meraviglioso giocatore di football. Sono andato un paio di volte alle sue partite".
Ted apparve sulla porta.
"Cosa hai trovato?" chiese Dylan.
"Corrisponde," confermò Ted.
"Oh Dio," gemette Dylan, fregandosi le mani sul viso un paio di volte. Poi sospirò e prese una penna per copiare il numero e l’indirizzo.
"Vuoi che guidi io?".
"No, Dick. Solo… dammi un secondo," pregò Dylan, respirando profondamente per un momento prima di alzarsi e afferrare il suo cappotto.
"Stai bene?" chiese Riley, la preoccupazione evidente nella voce.
"Sì. Solo che odio questi casi. Andiamo." Si alzò ed uscì, seguito da vicino da Karrer.

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Edited by Nicole Felton - 11/2/2011, 22:47
 
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view post Posted on 11/2/2011, 22:41
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Nel suo laboratorio, Abby cambiò la compilation e aprì i files, soddisfatta. Uno dopo l’altro comparvero i profili dell’AFIS che aveva richiesto.

{{Infobox - Personell
| name = Preston Dylan
|
SPOILER (click to view)
full_name = Preston Dylan Andrew
| nickname = Duke (as a kid by his Grandfather
John Wayne (as Marines, in his Unit
| alias =
| gender = Male
|Nationality American
| age = 38
| born = 1972
| death =
| status = Currently Dating

| occupation = Special Agent with the FBI
| Official FBI Liaison with the Jeffersonian
| Sergeant Major in the US Army Special Forces
| affiliation = Federal Bureau of Investigation
| title = FBI Special Agent

|religion = Roman Catholic

| family =
| father = Arthur Preston
| grandfather = Hank Preston
| mother =
| brother = Derek Preston
| sister =
| spouse =
| children = none
| daughter =
| son =
| relatives = David Boreanaz

| residence =

}}


{{Infobox - Personell
| name = Riley Thompson
SPOILER (click to view)
| image =
| full_name = Riley Joy
| nickname = Riles
| alias =
| gender = Female
|Nationality = American
| age = 34
| born = 1976
| death =
| status = Currently Dating
| occupation = Forensic anthropologist
| affiliation = Federal Bureau of Investigation
| title = Doctor (PhD)
|religion =

| family =
| father = Roger Thompson
| grandfather =
| mother = Pamela Faber Thompson
| brother = Kyle Thompson
| sister =
| spouse =
| children = none
| daughter =
| son =
| relatives = Sister-in-law: Amy Stewart
Step-niece: Hayley Stewart
Step-niece: Emma Stewart
Second cousin: Margaret Mitchell
| residence =

}}


{{Infobox - Personell
| name = Karrer Richard
SPOILER (click to view)
| image =
| full_name = Karrer Richard
| nickname = Richie (as a kid)
Stinger (as Uni, in his Team) Dick (by friends)
| alias =
| gender = Male
|Nationality American
| age = 38
| born = 1972
| death =
| status = Currently Dating


Occupation Affiliation Rank / Title
● Federal Agent Federal Bureau of Investigation Special Agent
● Police Officer Boston Police Department Detective
● Police Officer Richmond PD Detective
● Police Officer Cambridge Police Department (Massachusetts)

| affiliation = Federal Bureau of Investigation
| title = FBI Special Agent

|religion =

| family =
| father = Thomas Karrer
| grandfather =
| mother = Mia Franklin Karrer
| brother = Daniel Karrer
| sister =Leah Karrer, Lisa Karrer
| spouse =
| children = none
| daughter =
| son =
| relatives =

| residence =

}}


Mentre leggeva, stese la mano automaticamente per prendere il suo caf-pow, ma non lo trovò. Guardò sconsolata Bert The Hippo che giaceva triste accanto a parecchi bicchieri vuoti. “Gibbs deve tornare al più presto”, borbottò contrariata.
“Problemi, Abs?”. La ragazza sobbalzò e si girò velocemente, travolgendo Gibbs in uno dei suoi famosi abbracci. “Gibbs, sei qui!” Sciolse la stretta e continuò imperterrita “Sai, mi sei mancato voglio dire, ok, mi hai chiamato ieri pomeriggio e ieri sera, ma non è la stessa cosa perché tu…”.
“Abby…”. Uno sguardo molto espressivo e il caf-pow che le era offerto la zittirono. Prima che potesse dire o fare altro, capì che Gibbs aveva visto le finestre aperte sul computer. Aprì la bocca per spiegare.
Gibbs la fissò e la interrogò ancora: "Cos’hai per me?"
Abby sospirò prima di voltarsi verso il computer e cliccare su una finestra.
“La vittima aveva tracce di cianuro di potassio nella carne".
Gibbs inarcò un sopraciglio. “Cianuro? È la causa della morte?"
Abby scosse la testa. "Il cianuro impiega da quarantacinque minuti a un’ora per essere assorbito nel circolo sanguigno e fermare il cuore. Al momento della morte, il veleno è di solito scomparso dai tessuti. Trovare residui di cianuro nella carne indica che la vittima era già morta prima che il veleno potesse completare il suo corso."
“Perciò la ferita da arma da fuoco", concluse Gibbs, "è la vera causa della morte. Hai altro?".
"La chiavetta USB è un tipo comunissimo e non ha alcuna impronta, come già sai. Ma...” e aprì una schermata su un altro computer “…sono riuscita a entrare.”
Gibbs la invitò a rettificare l’affermazione con un semplice sguardo. “Cioè, io e McGee. Comunque, non era facile perché…”
“Me l’hai già detto ieri, Abby”.
“Ok. Ho passato qualcosina a Tim" disse lei ammiccando. Gibbs la baciò sulla guancia e fece per uscire.
“Aspetta! Perché non mi hai detto che sul caso ci sono Riley e Avery?!” chiese Abby irritata. “Lo sai chi sono, vero?”
Gibbs tornò indietro. “Sì, Abs. Ma niente rimpatriate tra ex-compagne di corso in visita. Chiaro?”
“Chiaro, Gibbs”.
Con un leggero sorriso diede un bacio ad Abby sulla guancia ed uscì.

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